[LIC] C'è qualcuno che ride 2


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C’è qualcuno che ride

Società maschilista quindi “chi se ne frega” se ride, in realtà sceglie proprio una donna come segno ulteriore di protesta, scegliendo una figura distante dal maschilismo.

Non ci s’è fatto caso in principio, sia perché donna, sia per l’età. Ha solo urtato il suono inatteso della risata e alcuni si sono voltati come per una sconvenienza, diciamo pure impertinenza, tracotanza là, se si vuole, ma perdonabile, via: un riso da bambina, del resto subito troncato, vedendosi osservata.

Un riso che rompe le regole sociali, irriverente quasi arrogante ma perdonabile perché è una giovane donna.

Scappata via da quell’angolo, curva, comprimendosi

La ragazzina una volta visto che era stata notata cerca di soffocarlo e scappa. Non si capisce fino a che punto riesca a sottrarsi alla violenza e il giudizio degli altri e scappa infatti. Non si sa se si comprime per nascondersi o contenere le risate.

Non è una bambina ma una 16enne che ha raggiunto la maturità sessuale quindi, con natura energica e di protesta «occhi di fuoco» ma ella scappa perché un bel giovane la insegue ridendo anch’egli con complicità inseguendosi.

Violenza maligna e violenza della vita (il guizzo di fuoco degli occhi di lei e l’inseguimento dei due ragazzi giocosi che si inseguono), sono fratelli. Il ragazzo sembra cercare di darsi una forma nelle regole sociali ma non riesce. Come la ragazza ci comprime lui morde le labbra per contenere le risa applicando a sé un’altra violenza.

Ed ecco che ora hanno scoperto anche il terzo, un certo ometto elastico che va ballonzollando e battendo i due corti braccini sulla pancetta tonda e soda come due bacchette sul tamburo, la calvizie specchiante tra una rossa corona di capelli ricciuti e una faccia beata in cui il naso gli ride più della bocca, e gli occhi più della bocca e del naso, e gli ride il mento e gli ride la fronte, gli ridono perfino le orecchie. In marsina come tutti gli altri.

Un terzo personaggio ride, burattinizzato (calvo, due corti braccini, marsina: frak) In tutti gli altri personaggi queste caratteristiche sono presenti ma non fanno ridere, egli invece sembra vitale non morto e buffo quasi come un clown in cui ride tutto il corpo.

Chi l’ha invitato? Come si sono introdotti nella riunione? Nessuno li conosce. Nemmeno io. Ma so che è lui il padre di quei due ragazzi, signore agiato che vive in campagna con la figlia, mentre il figlio è agli studii qua in città.

Neppure il narratore sa da dove vangono i personaggi, nonostante stia notando che c’è qualcosa che riesc a contrapporsi al fascismo ma non so cosa sia né da dove venga. Ma il dà indicazioni sulle origini di campagna, contestano quindi perché abituati a stare a contatto con la natura e il figlio studiando in città conosce il codice di comportamento ed è l’unico che prova a contenersi, non riuscendo. Questi tre, a differenza degli altri che sono tutti diffidenti, loro sono comunità (nonostante manchi qualcosa, la madre, quindi rappresenta una comunità sotto minaccia) hanno complicità.

Però non possono stare accanto altrimenti continuerebbero a ridere perché sono in questa sala e rischiano di attirare l’attenzione degli altri e fare scandalo quindi questa comunità rischia di disgregarsi per l’ipocrisia della società.

[..]
si può giurare che non s’accorge di nulla, che non ha il minimo sospetto dello scandalo che sta sollevando insieme col padre e col fratello così anch’essi festanti, alieni e lontani d’ogni sospetto.```

nessuno capisce perché e come possano ridere, non un riso umoristico che fa pensare, un semplice ridere perché si è felici. Nel regima totalitario tutti gli aspetti della vita del cittadino va gestita dallo stato per questo i cittadini, l'idea che qualcuno rida spontaneamente, innocentemente che sfugge al controllo della società fasulla, non riescono proprio a capacitarsene perché non la riescono incanalare nel sitema in cui sono cresciuti. E neppure loro se ne rendono conto.

```Sicché quando, riuniti alla fine tutt’e tre su di un divano della sala di là, il padre in mezzo tra il figlio e la figlia, contenti e spossati, con un gran desiderio di abbracciarsi per il divertimento che si son presi, sgorgato dalla loro stessa gioja in tutte quelle belle risate come in un fragorìo d’effimere spume, si vedono venire incontro dalle tre grandi porte vetrate, come una nera marea sotto un cielo d’improvviso incavernato, tutta la folla degli invitati, lentamente, lentamente, con melodrammatico passo di tenebrosa congiura, dapprima non capiscono nulla, non credono che quella buffa manovra possa esser fatta per loro e si scambiano un’occhiata, ancora un po’ sorridenti; il sorriso però va man mano smorendo in un crescente sbalordimento, finché, non potendo né fuggire e nemmeno indietreggiare, addossati come sono alla spalliera del divano, non più sbalorditi ma atterriti ora, levano istintivamente le mani come a parar la folla che, seguitando a procedere, s’è fatta loro sopra, terribile.```

Pura contentezza spontanea di stare al mondo. Divano al centro della sala, come un cielo che si copre di nuvole, come una caverna (rispetto alle «spume del mare» liete di prima) la folla si avvicina tenebrosamente come se stessero congiurando, come in un «melodramma» quindi non può esser presa sul serio. Avvicinandosi la folla prima si stupiscono e poi atterriscono poi, questa mistione di elementi dispari (angoscia e ridicolo) rendono la realtà indecifrabile creando un clima onirico.

```I tre maggiorenti, quelli che, proprio per loro e non per altro, s’erano riuniti a consulto in una sala segreta, proprio per la voce che serpeggiava del loro riso inammissibile a cui han deliberato di dare una punizione solenne e memorabile, ecco, sono entrati dalla porta di mezzo e sono avanti a tutti, coi cappucci del domino abbassati fin sul mento e burlescamente ammanettati con tre tovaglioli, come rei da punire che vengano a implorare da loro pietà.```

Scena speculare, 3 porte 3 maggiorenti 3 campagnoli. Si capisce che sono i giudici ma non si presentano come giudici man «burlescamente» come imputati, con tovaglioli da cui ci si libera facilmente. Rappresentano il potere anonimo, che deride i tre implorando la loro pietà. Allegoria: il potere maligno sa di aver ucciso la _vita_ (il riso) e per burla vanno a scusarsi e chiedere perdono alla _vita_, fingendo di umiliarsi.

«Risata sardonica» è un riso del potere che simula di correggersi ma afferma, invece, il proprio potere e solo in quel momento la folla trova l'unione e inizia a ridere, deridendo i tre. Quindi possiamo sentirci tutti insieme perché abbiamo qualcuno contro cui andare, ridere, prendercela come capro espiatorio. Ma è un'unione completamente fasulla perché sappiamo che siano tutti diffidenti tra loro.

Il padre, prendendo i figli, scappa impaurito nel terrore che tutta la città sia impazzita. I valori che i tre rappresentano esistono (alternativa di vita) ma non ppuò compiersi in una società che _non riconosce la vita_, quindi più che criticare propriamente il fascismo e politica è più sulla società e più morale. Infatti l'opposizione che propone Pirandello non è qualcosa di ideologico, ma la vita, alcuni valori minimi, umani e naturali. Il fascismo, il totalitarismo annulla e uccide l'uomo. Perché egli è convinto di non avere nulla da opporre al fascismo, inizia a disgustarlo ma non ha una fede politica altra, quindi l'unica cosa che si può fare è darsela a gambe. Satira inceppata perché non ha una contrapposizione politica alla problematica politica sollevata.

Riso che non ha più nulla a che fare con l'umorismo, ma con la violenza.

## Di cosa ridiamo? Bergson

Bergson (vedi pdf) il riso è sociale, ci si può unire nel riso creando meccanismi di inclusione o esclusione, attuando violenza. Solo gli uomini possono ridere e ridiamo di cose solo se riconosciamo qualcosa di umano (anche perché solo noi ridiamo). Anche se ridiamo di un cappello ridiamo della forma che un umano gli ha dato. La filosofia si occupa del riso, anche se Bergson dice che finora non ci si è interrogati

Il riso tipicamente umano sia come soggetto che oggetto, insensibilità che accompagna «il riso prevede una certa anestesia» perché siamo insensibili e mettiamo a tacere i nostri sentimenti. Il riso prevede estraneità. Bergson parla di comico (avvertimento del contrario) non di umorismo. Si può ridere pure di persone di cui si ha pietà o affetto, ma nel momento in cui se ne ride ci se ne allontana.
Un mondo di sola razionalità non si piangerebbe più ma si riderebbe ancora, in una società solo sensibile accordate con la vita e sentimentali non esisterebbe il riso.
Il sentimento del contrario di Pirandello con Bergson è completamente non contemplato.

Nel riso non c'è solo qualcosa di razionale, dev'esserci qualcosa di più primordiale: ridendo con gli altri chiediamo una complicità ad altri, esercitando violenza su altri. L'impulso del riso è umano anche perché sfugge al nostro controllo e sfugge alla ragione. Noi ridendo definiamo dei confini. Non lo dice apertamente ma i valori che ci portano a ridere di qualcuno o qualcosa sono sempre valori sociali anche se rido tra me e me, creo comunque un mondo e un sistema escludente. Il riso ha a che fare con il nostro corpo fisico.

Qual'è la _funzione utile_ nella società. Il riso è un soddisfacimento del bisogno ma ha un ruolo sociale. Il comico nasce quando tutti in gruppo dirigono l'attenzione su uno facendo tacere la sensibilità e usando solo l'intelligenza (emerge la forma di riso come giudizio, vile tutti contro una vittima, giudizio morale).

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